La storia di Civita
Antico borgo conservato nel tempo come autentico gioiello artistico, “il paese tra le rocce” così come viene definito è immerso in un contesto naturalistico senza pari. Civita si trova, infatti, su una delle più belle vallate del Pollino ed è la porta d’accesso privilegiata al Parco Nazionale del Pollino, il più esteso d’Europa. Il paese a 450 metri sul livello del mare è immerso nella tipica vegetazione mediterranea che si lega al suggestivo e spettacolare paesaggio solcato nei secoli dal Raganello. Il clima è gradevole specialmente in primavera ed autunno con inverni freddi ed estati calde.
Il borgo, nato lungo l’antico itinerario già percorso dal popolo dei Sibariti verso il Pollino, sembra essere sorto intorno all’anno 1000, ad opera di un gruppo di Cassanesi sfuggiti alle incursioni dei Saraceni. Nel XV secolo, noto come Castrum Sancti Salvatoris, venne completamente distrutto da un terremoto e quindi abbandonato. A ridonare vita al paese ci pensarono gli Albanesi, i quali, sfuggiti alla persecuzione turca, giunsero tra il 1470 e il 1492. Era la terza emigrazione, nella quale si ebbe il più grande esodo dall’Albania (diaspora), che portò alla fondazione della maggior parte delle comunità arbëreshe della provincia di Cosenza.
L’antica impronta orientale è evidente soprattutto nella chiesa: gli Arbëresh celebrano le funzioni liturgiche bizantine in greco e in arbëresh e mantengono la suggestiva simbologia cristiano orientale con antichi gesti e canti in greco ed in albanese, con i paramenti sacri ortodossi, le sacre icone, i mosaici e la preziosa iconostasi. Le cappelle della Consolazione e di Sant’Antonio sono le più antiche del borgo, le uniche rimaste. La cappella della Consolazione risalente al XVI secolo porta sulla campana l’incisione “A.D. 1701, S.M. CONSOLAZIONEORA PRO NOBIS CATERINA CAVASSA FECIT PRO SUE DEVOTIONE”. All’interno vi è custodita una tela seicentesca raffigurante una Madonna con il Bambino.
La cappella di Sant’Antonio si trova nella parte più alta del paese e all’interno di essa viene celebrata il 13 giugno la messa in onore del Santo; la data sulla campana, MDXXXII (1532) insieme all’immagine del Santo, fa intuire che sia stata costruita dai primi arrivi dei profughi albanesi. Il Museo Etnico Arbëresh, i comignoli che simboleggiavano lo status sociale delle famiglie e le curiose case “Kodra” ne completano l’identità.